Apprendo dai giornali che qualche amministratore comunale, in questi tempi di ristrettezze, ha ottenuto un lauto finanziamento pubblico per progettare lo strangolamento del Monte Rosa mediante il completamento della ragnatela di impianti, strade e piste da sci su tutto il suo versante italiano. In effetti per ora resiste solo più il vallone delle Cime Bianche come accesso al massiccio senza impianti, per cui il progetto di eliminare quest’ultimo valore ambientale in sé appare, ahimè, tecnicamente facile.
Più difficile sarà affrontare altri tipi di problemi gestionali, che accenno solo in quanto non sono esperto e non mi riguardano:
– suggestiva l’idea di spostarsi sci ai piedi da Zermatt ad Alagna, ma, sommando i tempi degli impianti e delle discese, si riuscirà a fare l’andata-ritorno in giornata?
– e se nel frattempo il tempo cambia e gli impianti si fermano? e poi chi fa lunghi spostamenti non è un buon cliente: non ha tempo di fermarsi a mangiare, a spendere…
– il lungo vallone delle Cime Bianche è pianeggiante per lunghi tratti: sarà una tratta costosa e percorsa solo come tramite fra le due stazioni di Cervinia e di Monterosaski;
– insomma sembra più pratico, a chi vuol cambiare stazione, prender la macchina e andare a sciare altrove piuttosto che imbarcarsi in un groviglio di impianti a fune.
Più interessanti ai miei occhi due altri tipi di considerazioni.
Innanzitutto mi sorprende l’attaccamento dei nostri amministratori comunali al vecchio, comodo e facile modello dello scasso ambientale. Che meraviglia, dei cavi e dei tralicci che ti coprono il territorio alpino da Zermatt ad Alagna. Questo dopo decenni che su tutti i media si insiste sull’offerta ambientale di pregio, con natura e cultura in primo piano. Mi sarei aspettato questo entusiasmo per qualcosa d’altro, per esempio un progetto di un’area culturale walser tra Zermatt e Alagna demolendo magari qualche impianto.
In secondo luogo, e qui sta il mio cuore e la mia mente, il vallone delle Cime Bianche ha veramente delle qualità ambientali fuori dal comune, che mi guarderei bene dal rischiare di compromettere. I suoi laghi alla testata hanno un colore stupendo. Le cime dolomitiche non hanno uguali nelle Alpi Occidentali. La grande fascia bianca che accompagna il roccioso versante destro conferisce al paesaggio una nota allegra e misteriosa. I tre solchi paralleli che costituiscono il vallone gli danno un’ampiezza e una luminosità sorprendenti. Il ghiacciaio del Ventina occhieggia qua e là maestoso e impressionante. Preziosi resti archeologici ne fanno un interessante sito di studio della pietra ollare. Geologicamente, vi si concentrano contatti fra tipologie estreme di rocce assolutamente inusuali. Lungo il suo corso s’inanellano le torbiere più vaste e suggestive, promettenti di ricchi dati paleoclimatici e di fruttuose indagini paleo-ambientali. La civiltà alpina vi ha lasciato l’impronta di una florida attività pastorale, con strutture e stili originali.
Tutta questa ricchezza ambientale trae un enorme valore dall’essere concentrata in un territorio integro e non manomesso da elementi esterni. Fare e gestire qui degli impianti da sci significa ritrovarsi in estate sotto ai cavi, in mezzo alle piste camionabili di cantieri permanenti, assordati dalle scavatrici perennemente in azione, con tralicci per paesaggio e fuga degli ultimi pastori, come avviene nelle vicine aree già colonizzate. No, il Monte Rosa non si merita il soffocamento di quest’ultimo polmone naturale.
Buongiorno, ho letto con piacere questo articolo che condivido pienamente. Proprio oggi ho condiviso un nuovo articolo de La Stampa e la mia petizione al FAI sulla pagina Facebook del mio sito, Varasc.it.
Marco